MiddleGame - Seanan McGuire
Finalmente la sessione d’esami si è conclusa e ho potuto riprendere a pieno ritmo con le mie letture.
Ho scelto di leggere “MiddleGame” di Seanan McGuire, di cui mi è stata gentilmente concessa la copia in digitale da Mondadori (grazie Oscarvò).
Come al mio solito, trovo sempre libri dalle trame particolari e anche in questo caso non mi sono smentita. 😅
Già dal titolo del primo capitolo si capisce che abbiamo tra le mani un libro particolare.
Partiamo dalla fine.
Sì proprio così: la storia inizia con una linea del tempo alquanto strana, "cinque minuti troppo tardi, trenta secondi alla fine del mondo".
Potete ben capire che star dietro a questo libro non è affatto semplice, soprattutto nelle prime pagine. Se per caso sfogliandolo vi sentite persi, non vi preoccupate, è tutto normale, ma non mollate, appena si entra nel vivo della storia ogni cosa andrà al proprio posto come per magia.
Ed è proprio la magia, più precisamente l’alchimia che fa da sfondo a questo libro.
Uno scoglio che può risultare ostico da superare ma che è fondamento di tutto il romanzo è la “Dottrina dell’Ethos”. In parole semplici essa afferma che la Natura è governata da due forze impostate dall’uomo che le racchiude in sé : il linguaggio e la matematica. Colui che riesce a governarle entrambe avrà potere sull’universo e possederà le chiavi della la Città Impossibile.
Raggiungere la Città Impossibile e realizzare la Dottrina incarnandola in persone reali, è il sogno di Asphodel Baker che, utilizzando parti umani, alchimia e scienza, crea il suo più fidato servitore, James Reed, con il compito di portare a compimento questo progetto.
Tutto quello che finora vi ho raccontato in realtà è solo lo sfondo di una storia più profonda e più incredibile, quella di Roger e Dodger. Due fratelli, due gemelli, per la precisione con doni opposti, che per molto tempo non potranno essere troppo vicini, ma non riusciranno mai ad essere realmente lontani.
Loro che non sono propriamente umani, ma non sono nemmeno propriamente divini, non ancora quantomeno, creati da Reed, incarnano la dottrina, e sono proprio loro che ci accompagnano per tutto il romanzo.
“La Città Impossibile. Non è sempre stato questo il suo nome. In altri tempi era nota come Olimpo, Avalon, Isola dei Morti... l’apice alchemico annidato sulla vetta di qualunque conoscenza o potenzialità umana. Un luogo che si può sognare, ma mai rivendicare o controllare. Una città con strade lastricate d’oro, fiumi di alkaest, alberi fioriti di panacea. Con il passare dei secoli si è allontanata sempre di più dal conosciuto, dal reale, finché tutte le strade sono state interrotte e non c’è più stato modo di raggiungerla. È stata Asphodel Baker, sempre lei, ad attirare su quell’ideale remoto una quantità di attenzione sufficiente a riaprire un angusto sentiero. La strada improbabile, che potrebbe condurre alla fine della ricerca.”
Questo libro ha una trama davvero originale e completamente
diversa da tutto ciò che io abbia mai letto in passato. Una trama così
intricata che mi ha tenuta incollata alle pagine come non accadeva da tempo. Pagina
dopo pagina sono sorte nuove domande, nuove linee del tempo che si incastrano fra
loro.
Per notti i personaggi e le ambientazioni han popolato i miei sogni (il che non
è sempre stato un bene 😅).
Il punto di forza di questo romanzo sono sicuramente i
personaggi.
Personaggi veri e profondi.
Sbagliano e tanto.
E questo probabilmente
ce li fa sentire ancora più vicini e reali.
Middlegame non è un romanzo da prendere sottogamba.
Si passa da scene delicate e profonde ad altre più raccapriccianti.
È un romanzo che parla di solitudine, del sentirsi sempre fuori posto in un
mondo che non ti accetta perché sei troppo intelligente o troppo brava.
E se sei
donna non ne parliamo proprio: come osiamo, noi donne, essere migliori degli
uomini?
Dodger, ragazza e genio
indiscusso della matematica, sbaraglia i suoi colleghi maschi in ogni
competizione, ma proprio per questo sarà sempre additata come quella strana o, peggio ancora, accusata di barare in qualche modo.
Ho speso un sacco di belle parole su questo libro, ma ci
sono due cose che non mi hanno convinta fino in fondo e mi han lasciata perplessa.
Per prima cosa la Dottrina.
La sua spiegazione è troppo confusa e
non credo di averne capito il senso fino in fondo, sento di essermi persa dei
pezzi importanti.
Seconda cosa, il finale.
È scritto in maniera troppo veloce,
quasi sbrigativo, come a voler terminare il romanzo in poche pagine.
Le domande
trovano tutte le risposte ma occupano poche righe, i fatti si susseguono rapidamente
e ci si trova alla fine come se avessimo il fiato grosso dopo una lunga corsa.
Forse qualche dettaglio in più non avrebbe guastato.
Nonostante questi piccoli nei, resta un bel romanzo che
consiglio vivamente a chi vuole una storia fuori dall’ordinario e a chi ha voglia
di perdersi totalmente tra le pagine di un libro.
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