I ragazzi della Nickel - Colson Whitehead
Fare questa recensione mi creerà dolore.
Sono costretta a sovvertire quello che facciamo di solito in questo profilo: darvi 3 punti di vista diversi, raccontarvi 3 personaggi, ambientazioni, luoghi.
Per questo libro non credo riuscirò a farlo.
Ci sono tante cose che vorrei dire, ma mi rendo conto che raccontare troppo potrebbe rovinare la lettura.
Comincio dall’inizio, dal primo protagonista.
Elwood Curtis.
Un ragazzino nero, negli Stati Uniti del Sud, in quella Florida che non è ancora propriamente progressista.
È l’inizio degli anni 60, anni di rivoluzioni e di marce per i diritti umani.
Elwood è giovane, nero, vive con la nonna, lavora nell’edicola del suo quartiere, vuole andare al college ed è affascinato da Martin Luther King.
Sono tutti dati che vi serviranno a capire cosa passa nella testa di Elwood, sempre, continuamente.
Affascinato da quel personaggio tanto importante, quanto legato alla sua cultura, alla sua gente.
Elwood Curtis.
Un ragazzino per bene, che ascolta la nonna, che studia e lavora per pagarsi il college.
Un ragazzino che fa le scelte giuste, che si comporta nel modo giusto, che non attira le ire della gente.
Un ragazzino che un giorno decide di fare l’autostop per raggiungere la nuova scuola.
Un ragazzino la cui vita cambierà completamente.
“Sono bloccato qui, ma cercherò di ricavarne qualcosa” si disse “e di uscire in fretta.”
Un altro personaggio importante, pesante e invadente è la Nickel.
Non credo sia il caso di dilungarsi troppo nella spiegazione del fatto che non fosse un riformatorio con la missione di educare a livello intellettuale e morale i ragazzi problematici, non pensavano solo a far diventare degli uomini onesti e rispettabili dei piccoli delinquenti.
No, la Nickel era un vero e proprio inferno.
Un posto dove il metodo migliore per insegnare la disciplina era la violenza.
Un posto dove per insegnare il rispetto, utilizzavano gli abusi.
E le botte.
E la prepotenza.
E la prevaricazione.
Non era un bel posto, non era un ambiente correzionale, non creava nuovi “uomini rispettabili”.
Era un posto razzista, violento, un posto dove il KKK aveva più potere dello stato.
“Se tutti guardavano dall’altra parte, allora erano tutti complici.”
Il cuore batte forte alla fine di questo libro.
Le lacrime scendono calde.
Credo che la definizione corretta sia straziante.
Sì, stanziante è il dolore che si prova nel leggere le violenze subite dai ragazzi, straziante è la paura che si mescola in queste righe, straziante è il peso dell’anima.
Credo ci metterò molto a dimenticare questo libro, ci vorrà molto tempo prima che mi scordi delle sensazioni che ho provato.
Non è una storia vera, ma è tratto da una storia vera.
Magari il protagonista reale non sarà stato Elwood Curtis, ma di ragazzi come Elwood Curtis ce ne sono sicuramente tanti, troppi, che hanno vissuto qualcosa di simile.
Era il 1960 quando la segregazione razziale faceva sì che si venisse giudicati per il colore della pelle.
Era il 1960 quando un ragazzo non era autorizzato a guardare negli occhi un’altra persona.
Ma siamo nel 2020 e le cose non sono cambiate sul serio, hanno solo cambiato nome, luogo, tipologia di persone.
Ma è tutto ancora lì, fermo, come nel 1960.
"Dobbiamo credere nel profondo dell'anima che siamo qualcuno, che siamo importanti, che meritiamo rispetto, e ogni giorno dobbiamo percorrere le strade della nostra vita con questo senso di dignità e importanza." - Martin Luther King
——
Avete letto “I ragazzi della Nickel”?
Che ne pensate?
Cosa vi ha lasciato questo libro?
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