Eccomi - Jonathan Safran Foer
In "Eccomi" troverete la storia della famiglia Bloch.
Vivono a Washington e sono una famiglia ebreo-americana.
Jacob, il padre, è lo sceneggiatore televisivo di una serie che non sente sua, come non sente sua la propria vita, vissuta sempre ai margini, come mero spettatore, mai felice, mai realmente presente.
Julia, la madre, è architetto e riversa tutto il suo amore nei tre figli, ma progetta e sogna case con unica stanza da letto.
Sam, il primogenito, con una mano storpiata da un incidente di cui nessuno parla, preferisce rifugiarsi nella sua “other life”.
Max e Benji, due bambini molto arguti, pongono sempre domande molto scomode ai propri genitori.
Infine c’è Argo, il vecchio cane incontinente, che fa da sfondo alla loro vita.
"Dopo quella notte non mi sono mai più sentito vivo – disse Jacob, portando un’altra birra a Tamir.
– La vita è stata così noiosa?
– No. C’è stata tanta vita, Ma io non l’ho sentita.”
Una famiglia in crisi, che vive nella quotidianità le sfide di ogni giorno, generazioni a confronto che si interrogano sulla propria identità e sulla propria fede.
Un matrimonio che va a rotoli.
Le distanze che sembrano sempre più incolmabili dalle tante cose non dette.
Ogni silenzio si dilata.
Ogni membro della famiglia rimane intrappolato nella routine.
Jacob è l’emblema dell’uomo represso, il resto della sua famiglia lo imita.
Nessuno vive realmente, si muovono come sagome, crogiolandosi nelle colpe degli altri e nel “facciamo così perché è così che si fa”.
Come prendere coraggio e accendere quella luce del cambiamento?
"E l’assenza di parole per esprimere il dolore non è assenza di dolore. È un dolore diverso.”
A spezzare questa lenta esistenza sarà un vero terremoto che colpisce il Medio Oriente.
Crolla il “Muro del Pianto”, simbolo per eccellenza della cultura ebraica e Benji, nella sua ingenuità, esclamerà “Adesso è rimasto solo il Pianto”.
Così accade alla famiglia Bloch crollano i muri e le certezze della routine.
Da qui in poi credo di non aver più capito dove il libro volesse realmente andare, si parla dell’imminente conflitto arabo-israeliano, della necessità di combattere e infine di divorzio.
Cambia nettamente la linea temporale più volte, cose accennate che sono già accadute che verranno raccontate poi, nel futuro parlando del passato. Mi sono letteralmente persa nel libro.
Il terremoto doveva forse portare via l’apatia della routine?
Doveva portarli a riflettere su come prendere in mano la propria vita?
Forse, ma così non sembra andata per Jacob che, nonostante il cambio di vita, sembra continuare il suo cammino in solitaria, per inerzia.
Giunta alla conclusione sono rimasta perplessa. Non sono ancora riuscita a capire se mi sia piaciuto o meno.
La storia è interessante, forse farcita troppo da pensierini sensazionalistici espressi da chiunque, ma comunque coinvolgente, mi ha lasciato in attesa di qualcosa che poi non è accaduto.
Confusa credo sia la parola adatta.
"Era il sentimento di non voler vivere nel mondo, anche se era l’unico posto in cui vivere."
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